il Ministero si astiene dal costituirsi parte civile sul processo della biblioteca Girolamini di Napoli

 la lettera che Tomaso Montanari ha recapitato al Mibac (da "Patrimoniosos") :


Il Ministero dei Beni Culturali non si costitisce parte civile al processo Girolamini
posta della redazione

Dichiarazione di Tomaso Montanari

La mancata costituzione del Ministero per i Beni Culturali come parte civile al processo napoletano per il saccheggio della Biblioteca dei Girolamini è una notizia gravissima.
Se è un errore, si tratta di un gravissimo segno di incapacità, che manifesta lo sbando del Ministero sotto il non-governo di Lorenzo Ornaghi. Se è una scelta politica, essa certifica la peggiore continuità con l'illegalità dell'epoca berlusconiana.
Comunque stiano le cose, ci si chiede come sia possibile che il Governo Monti tratti in questo modo il patrimonio storico e artistico della nazione tutelato dalla Costituzione.
Tomaso Montanari


poi articolo 17/1/2013
NAPOLI - Il processo sul caso Girolamini. L'assenza del Ministri
Tomaso Montanari
Corriere del Mezzogiorno, 17 gennaio 2013

Chi pensava che la vicenda nerissima dei Girolamini avesse esaurito i colpi di scena ha ora materia per ricredersi.

All’apertura del processo che vede imputati Marino Massimo De Caro e quattro suoi collaboratori, infatti, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali non si è costituito parte civile. La notizia è clamorosa, il fatto gravissimo.

L’11 luglio scorso, in occasione della sua lunga visita a Napoli, il ministro Lorenzo Ornaghi aveva testualmente dichiarato: «Se le conclusioni dell'inchiesta condurranno al rinvio a giudizio, e se sarà confermato il danno al patrimonio è previsto che il Ministero si costituisca come parte civile».

Sembrava, in effetti, il minimo. Già, perché la latitanza di Ornaghi in tutta questa ha raggiunto punte allarmanti. Più volte (per esempio da Gian Antonio Stella, Salvatore Settis o Corrado Augias) gli è stato suggerito di chiedere pubbliche scuse per «un piano criminale» (sono parole dell’ordinanza del GIP Francesca Ferri) reso possibile dalla «perdurante assenza di controllo e vigilanza da parte degli organi del Ministero a ciò deputati».

Ma il professor Ornaghi se n’è guardato bene. Eppure dovrebbe spiegare perché aveva confermato De Caro nei ranghi dei suoi consiglieri, e perché non gli bastò nemmeno il sequestro della biblioteca per espellerlo da quei ranghi. E soprattutto dovrebbe spiegare perché l’ispezione disposta alla fine di febbraio 2012 abbia avuto luogo solo il 17 aprile, quasi un mese dopo la mia pubblica denuncia.

Ma – faccio l’avvocato del diavolo – Ornaghi forse non gradisce parlare al popolo attraverso i media (una cosa così volgare!) e preferisce parlare tramite atti ufficiali, come si addice ad un ministro della Repubblica. Benissimo: e dunque perché il Comune di Napoli si è costituito parte civile (il che va a onore di De Magistris e della sua giunta), e il Ministero no?

Le spiegazioni informali che in queste ore arrivano dal Collegio Romano sono una toppa peggiore del buco. Si dice che si è trattato di un errore, una svista, un pasticcio procedurale. Il ministro avrebbe scritto ben due lettere (l’ultima il 30 novembre) per chiedere all’Avvocatura dello Stato di procedere alla costituzione.

Ma poi la cosa di sarebbe impantanata nientemeno che alla Presidenza del Consiglio, la cui necessaria autorizzazione non sarebbe mai arrivata. Insomma, tutta colpa del sottosegretario Catricalà. E a questo punto uno si chiede: è stato davvero un errore, o si tratta di una precisa scelta politica? Se è un errore, si tratta di un gravissimo segno di incapacità, che manifesta lo sbando del Ministero sotto il non-governo di Lorenzo Ornaghi, incapace perfino di seguire una ‘pratica’ di questa importanza negli uffici di Palazzi Chigi.

Se è una scelta politica, essa certifica la peggiore continuità con gli ambienti politici di De Caro (già segretario organizzativo, ricordiamolo, del gruppo del Buon Governo, presieduto da Marcello dell’Utri). Comunque stiano le cose, ci si chiede come sia possibile che il Governo Monti tratti in questo modo un monumento che ha meritato, pochi giorni fa, un’accorata visita del Capo dello Stato.

Non sarà certo l’ultimo processo per i Girolamini: il Mibac avrà occasioni per riparare. E farà bene a coglierle, perché per ora il messaggio è devastante: del patrimonio storico e artistico della nazione tutelato dalla Costituzione non importa nulla a nessuno. Nemmeno al Ministero per i Beni culturali.

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